mercoledì 23 settembre 2015

Itaca e Bob Dylan


Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.


Costantino Kavafis


Mi è stata dedicata questa poesia da una persona che mi vuole bene e che ha ottimi gusti in fatto di letteratura e arte. O meglio, ha gusti molto simili ai miei.
Sinceramente non la conoscevo e devo ammettere che mi è piaciuta sin dal primo istante, e la cosa che mi stupisce di più è che mi trasmette energia molto positiva nella sua semplicità.


Ora, però, mi godo gli ultimi trecento secondi di pausa e vi posto due pezzi bellissimi.

 

domenica 20 settembre 2015

Seneca, Epicuro, febbre, Scienza delle Costruzioni

Ho appena finito di risolvere un esercizio di Scienza delle Costruzioni, progetto della sezione trave incluso nel prezzo. Mi sento strana, spossata, stanca, triste, arrabbiata. Mi tocco la fronte e sono bollente. Il termometro segna 37,7. La solita sfiga del cavolo.
Ecco spiegata l'inappetenza serale, mi dico. Intanto guardo i fogli sparsi sul tavolo, tracce su tracce, svolte e risvolte. Non so più da dove andare a prendere altri esercizi.
Intorno a me c'è il silenzio, dopo una bellissima pioggia che si è rivelata praticamente l'unica voce che ho ascoltato con piacere oggi.
Tra un po' comincio un esercizio nuovo e tutto sommato non è brutto fare esercizi con il rumore della pioggia come sottofondo, è quasi rilassante.
Dovrei fare una pausa per mangiare qualcosa almeno, ma non ci riesco proprio e prendo in mano un libricino: Lettera sulla Felicità di Epicuro.


Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo e alla perfetta serenità dell'animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e dall'ansia.

Infatti proviamo bisogno del piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non soffriamo non ne abbiamo bisogno.
Per questo riteniamo il piacere principio e fine della vita felice, perché lo abbiamo riconosciuto bene primo e a noi congenito..
È bene primario e naturale per noi, per questo non scegliamo ogni piacere. Talvolta conviene tralasciarne alcuni da cui può venirci più male che bene, e giudicare alcune sofferenze preferibili ai piaceri stessi se un piacere più grande possiamo provare dopo averle sopportate a lungo.

Epicuro


E niente. Nonostante la mia quasi totale sfiducia in me stessa e la totale insicurezza che mi tiene compagnia in questi giorni, ho voglia di fare. Tanta.
Ho voglia di studiare e passare questo esame e pure il prossimo. Mi sono persa e ora mi sto ritrovando, ho rimesso a fuoco gli obiettivi.
Ho anche voglia di essere coccolata, ma questo non dipende molto da quanto io possa studiare e forse (molto probabilmente) non verrò nemmeno coccolata, ma questo è proprio un altro fatto!
Concedetemi qualche altro verso, questa volta di Seneca (il mio tutor personale)

Dum differtur vita trascurrit. Omnia, Lucilii, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult. Et tanta stulstitia  mortalium est ut quae minima et vilissima sunt, certe reperabilia, imputari sibi cum empetravere patiantur, nemo se iudicet quicquam debere qui tempus accepit, cum interim hoc unum est quod ne gratus quidem potest reddere.

(Epistulae ad Lucilium, Liber I)


- Cercate la traduzione, non ve ne pentirete!-

sabato 19 settembre 2015

Lettera aperta agli uomini e un fighissimo pezzo dei The Doors


"Se le donne sono frivole è perché sono intelligenti a oltranza."
Alda Merini



Vorrei rispondere così a quel simpaticone che di frequente su Facebook (e nella vita) si lamenta dell'assenza delle brave ragazze.

Amico, l'altro giorno hai scritto che donne che arrossiscono non esistono più e che il mondo è pieno di ragazzette che sono sempre svestite e ubriache. Che dirti? Non hai mica tutti i torti!
Le persone aride e superficiali, ahinoi, sono sempre esistite, donne e uomini che siano. Checché se ne dica, esistono donne che usano la propria bellezza esteriore e il proprio ascendente sugli uomini per ottenere quel che vogliono e io non mi sento di darti francamente torto, fanno schifo pure a me. (E non perché io non abbia alcun ascendente sul genere maschile)

Quello che vorrei dirti, però, è che magari se quelle ragazze non arrossiscono in tua compagnia e non sono tutte tenere e con gli occhi sognanti (occhi a cuoricino) è perché non hai fatto abbastanza o perché non si è creata una sintonia tale da "addolcirle".
E ti lamenti che siamo acide, isteriche, aride, insopportabili, noiose, logorroiche, poco o troppo sensuali, poco o troppo belle, poco o troppo intelligenti, colte, stupide, stupite, facili, difficili, affabili, sognanti, sognatrici.
Ma tu ti sei mai messo nei nostri panni? No, dico, ci hai mai provato? Che significa, poi, che le ragazze non arrossiscono più?

Una come me, una qualsiasi, si sveglia la mattina e non sta di certo a pensare che non deve arrossire a te, che deve essere cattiva e darla al primo che capita. Diciamo la verità: noi ragazze ci guardiamo allo specchio a prima mattina e ci troviamo cinquanta difetti, ma poi ci passa e ce lo facciamo passare perché dobbiamo affrontare la giornata. E affrontiamo i problemi con o senza minigonna, con o senza trucco, con o senza frivolezza. Talvolta ci sentiamo coraggiose e talvolta abbiamo paura da morire, e questo non varia in base alla lunghezza delle gonne o  quel che si è fatto la sera precedente.
Perché, amico bello, siamo noi stesse sia quando passiamo un sabato sera a guardare Super Quark e sia quando usciamo a bere qualcosa con un'amica.
Con questo non voglio dire che noi quando ci svegliamo non ti pensiamo proprio. Se ci piaci, ti pensiamo e pure tanto. Ci fa piacere quando riceviamo un gesto gentile da parte tua, perché non ci vogliono gesta eroiche degne di un poema, ma fatti piccoli, semplici e concreti (e frequenti, aggiungerei). E noi, come dici tu, diventiamo rosse in viso e ci vengono gli occhi a cuoricino.
Ma questo a prescindere, non ha a che fare con la quantità di coscia scoperta.

E prendici così, che tu ci voglia bene come amico o come amante. Cercaci così come siamo. Accettaci: siamo umane come te. Non ci importa di essere trattate da principesse perfette e di plastica, ma prendici all inclusive. Tutto compreso.

E, se proprio non ce la fai a leggere tutto questo papiro, almeno apprezza questo pezzo dei The Doors.


mercoledì 16 settembre 2015

Ah!



Scusatemi, ma a me piace un sacco! Ed è pure bello lui!

Egon Schiele, Ragazza seduta, 1917


Ah! Ma quindi così deve andare? Ah!

martedì 15 settembre 2015

Sensazioni

Labirinto

– e ora qualche passo
da parete a parete,
su per questi gradini
o giù per quelli,
e poi un po' a sinistra,
se non a destra,
dal muro in fondo al muro
fino alla settima soglia,
da ovunque, verso ovunque
fino al crocevia,
dove convergono,
per poi disperdersi
le tue speranze, errori, dolori,
sforzi, propositi e nuove speranze.
Una via dopo l'altra,
ma senza ritorno.
Accessibile soltanto
ciò che sta davanti a te,
e laggiù, a mo' di conforto,
curva dopo curva,
e stupore su stupore,
e veduta su veduta.
Puoi decidere
dove essere o non essere,
saltare, svoltare
pur di non farsi sfuggire.
Quindi di qui o di qua,
magari per di lì,
per istinto, intuizione,
per ragione, di sbieco,
alla cieca,
per scorciatoie intricate.
Attraverso infilate di file
di corridoi, di portoni,
in fretta, perché nel tempo
hai poco tempo,
da luogo a luogo
fino a molti ancora aperti,
dove c'è buio e incertezza
ma insieme chiarore, incanto
dove c'è gioia, benché il dolore
sia pressoché lì accanto
e altrove, qua e là,
in un altro luogo e ovunque
felicità nell'infelicità
come parentesi dentro parentesi,
e così sia
e d'improvviso un dirupo,
un dirupo, ma un ponticello,
un ponticello, ma traballante,
traballante, ma solo quello,
perché un altro non c'è.
Deve pur esserci un'uscita,
è più che certo.
Ma non tu la cerchi,
è lei che ti cerca,
è lei fin dall’inizio
che ti insegue,
e il labirinto
altro non è
se non la tua,
finché è possibile,
la tua, finché è tua,
fuga, fuga –

Wislawa Szymborska


M. C. Escher, Salendo e scendendo (dettaglio)


Ritratto di donna

Deve essere a scelta.
Cambiare, purché niente cambi.
È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.
Ha gli occhi, se occorre, ora azzurri, ora grigi,
neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime.
Dorme con lui come la prima venuta, l'unica al mondo.

Gli darà quattro figli, nessuno, uno.
Ingenua, ma ottima consigliera.
Debole, ma sosterrà.
Non ha la testa sulle spalle, però l'avrà.
Legge Jaspers e le riviste femminili.
Non sa a che serva questa vite, e costruirà un ponte.
Giovane, come al solito giovane, sempre ancora giovane.
Tiene nelle mani un passero con l'ala spezzata,
soldi suoi per un viaggio lungo e lontano,
una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka.

Dove è che corre, non sarà stanca?
Ma no, solo un poco, molto, non importa.
O lo ama o si è intestardita.
Nel bene, nel male, e per l'amor del cielo!

Wislawa Szymborska

 
 
Brassai, Jour de Pluie aux  Champs  Elysées , 1931
 

E infine


Si, lo so. Sembra tutto confuso, un gran pot pourri di sensazioni e sentimenti. A dire il vero vorrei gridare un vaffa di cuore.
Trecento secondi di confusione.

martedì 8 settembre 2015

Quanto vale? Quanto costa?

Un sorso di vita

Presi un Sorso di Vita
Vi dirò quanto l'ho pagato
Esattamente un'esistenza
Il prezzo di mercato, dicevano.

Mi pesarono, Granello per Granello
Bilanciarono Fibra con Fibra,
Poi mi porsero il valore del mio Essere
Un singolo Grammo di Cielo!


Emily Dickinson


Non so quanto possa essere utile commentare questa meraviglia di poesia. In otto versi si celano e si rivelano concetti forti.


Ritrovarsi a pensare al valore, a stimare, a dare un prezzo a tutto, a quantificare, valutare, misurare. Ritrovarsi sempre ad esaminarsi. Quanto sono stata o quanto sono. Abbastanza, troppo, troppo poco, un infinitesimo. Il valore di ogni oggetto, delle persone, dei sentimenti, degli stati d'animo.
Eppure ci sono cose che non hanno valore: attimi, sensazioni. Forse un profumo, un sapore, un momento. Quanto costa un momento di felicità?
Alla fine si paga tutto, anche quell'attimo di pace, quei trecento secondi che vorresti moltiplicare.
Io la chiamo "Legge della conservazione della felicità", maledetta me che vedo formule ovunque, che cerco spiegazioni razionali ovunque, anche dove per una volta non devo cercarle.
In fin dei conti è tutto relativo, lo disse anche un professore: qualsiasi valore è relativo, dipende dal sistema di riferimento cui viene comparato l'oggetto.



Salvador Dalì, Cigni che riflettono elefanti, 1937

sabato 5 settembre 2015

Ingannare il silenzio




Del senso di colpa, del senso di panico, del silenzio, ciascuno cerca a modo suo di guarire. Alcuni vanno a fare viaggi. Nell’ansia di veder paesi nuovi, gente diversa, c’è la speranza di lasciare dietro a sé i propri torbidi fantasmi; c’è la segreta speranza di scoprire in qualche punto della terra la persona che potrà parlare con noi. Alcuni s’ubriacano, per dimenticare i propri torbidi fantasm...i e parlare. E ci sono poi tutte le cose che si fanno per non dover parlare: alcuni passano le serate addormentati in una sala di proiezioni, con al fianco la donna alla quale, così, non sono tenuti a dover parlare; alcuni imparano a giocare a bridge; alcuni fanno l’amore, che si può fare anche senza parole. Di solito si dice che queste cose si fanno per ingannare il tempo: in verità si fanno per ingannare il silenzio.

Natalia Ginzburg, Le piccole virtù



G. De Nittis, Nudo con le calze rosse, 1879






giovedì 3 settembre 2015

Chi sono?

 Per me, io sono colei che mi si crede!
- Così è (se vi pare)

Pirandello potrebbe rispondervi così e chi sono io per contraddirlo?


Infatti. Non voglio contraddirlo. Spesso la gente ci appare per quella che crediamo o quella che vogliamo credere e non per quella che in effetti è.
A dirla tutta, spesso nemmeno noi stessi sappiamo chi siamo veramente e credo fermamente che ogni secondo della nostra vita sia un secondo per scoprire un lato nuovo, anche solo piccolo, di noi stessi.
( No, non studio psicologia e sono la persona meno adatta a comprendere la psiche umana, visto che a volte non mi capisco nemmeno io!)

La letteratura, la poesia e l'arte, però, ci spingono ad esprimere sinceramente quello che proviamo o anche solo a provarci.

Vi propongo questa citazione del grande Proust:

Ogni lettore, quando legge, è il lettore di se stesso. L'opera dello scrittore è solo una specie di strumento ottico offerto al lettore per consentirgli di discernere ciò che forse, senza quel libro, non avrebbe potuto intravedere in se stesso.

Ha spiegato questa forte empatia con parole migliori sicuramente di quelle che avrei potuto scrivervi io. O forse semplicemente lui è Proust e io sono una semplice studentessa di qualcosa che non è Lettere.

In questo blog, dunque, troverete qualche poesia, qualche pezzo tratto da libri che ho letto, qualche opera d'arte che mi attrae. Troverete un po' di me, senza per forza trascendere in discorsi su quello che mi capita durante la giornata. Troverete, talvolta, un po' di moda, ma non sarà di certo un fashion blog. Potreste trovare anche un pochino di musica e dovervi sorbire un brano dei Pink Floyd, o Mozart, oppure gli Iron Maiden o quel genio di De André.

Perché trecento secondi? Perché cinque minuti non si negano a nessuno, o quasi.

C. R. W. Nevinson, A studio in Montparnasse, 1926