giovedì 31 dicembre 2015

Bilanci e bilance

"Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto, dobbiamo fare dell'interruzione un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro."

Fernando Pessoa

Ma come, è già 31? Già è finito l'anno? Ma tu cosa fai il 31? Ma tu che ti metti il 31 notte? Andiamo a ballare o facciamo il cenone? Tombola o Mercante in fiera?


Mentre il mondo si pone falsamente la questione del bilancio d'anno, io mi pongo la questione "bilancia di casa" che segna che durante queste vacanze sono dimagrita. Com'è stato possibile?
Scherzi a parte, non saprei fare un vero bilancio di questo 2015, che è passato velocemente e intensamente. In fondo mi ha regalato emozioni belle, come il superamento di un esame difficile, mi ha annoiata con la mediocrità di alcune persone di passaggio, mi ha delusa, fatta arrabbiare.
Ho assaggiato cibi nuovi, ho letto libri nuovi, ho aperto questo blog, ho studiato, ho capito cosa non voglio nella vita, mi sono ubriacata in buona compagnia e mai per disperazione, ho cucinato, ho corso tanto, ho camminato per tanti chilometri e fino a schiarire le idee, ho visitato posti nuovi, ho mandato a quel paese un discreto numero di gente e ho rischiato di essere mandata a quel paese, a mia volta. Ho visto la mia migliore amica laurearsi e sono stata felice per lei e con lei, ho riso fino ad avere gli addominali, ho pianto per il nervoso.
Ho baciato e sono stata baciata, ho abbracciato, ho fatto l'amore e ho sperato che quei momenti potessero non passare più. E invece sono passati, per fortuna.
Con la consapevolezza che tutto passa, che migliora o peggiora, ho sopportato questo anno e tutto quello che ne ha fatto parte.

Hoc est unum, cur de vita non possimus queri: neminem tenet.

Questo è l'unico motivo per cui non possiamo lagnarci della vita: essa non trattiene nessuno
Seneca

Per questo 2016 non chiedo nulla, se non un po' di sicurezza in me stessa, almeno ritrovarla, almeno tornare ad affrontare alcune situazioni a testa alta. Un po' di coraggio e quella leggerezza del cuore che noi donne sappiamo, questo chiedo.
Non voglio ricchezza, il principe azzurro, successo e paceamoregioiainfinita, perché sono un po' anticonformista da una vita e mi sembra tutto di una banalità disgustosa. 
Mi basta avere la consapevolezza che è tutto nelle mie mani e che può sempre migliorare, che ce la posso fare e sempre con le mie forze. O con le mie masse per accelerazioni.


Habet etiam mala fortuna levitatem. Fortasse erit, fortasse non erit: interim non est; meliora propone.

Anche la sfortuna è mutevole. Forse sarà, forse non sarà, nel frattempo non è; tu spera nel meglio.
Seneca


giovedì 17 dicembre 2015

Auguri E.

Congratulazioni E.
 
Alla mia compagna di avventure e disavventure preferita.
 
 
 
La mia biotecnologia preferita!

venerdì 11 dicembre 2015

Baklava, Turchia

Il Baklava è un dolce tipico turco famoso in tutto il mondo per la sua dolcezza quasi stucchevole e per il suo gusto particolarissimo, senza considerare che viene anche conteso in molte altre nazioni, come Grecia e Albania

Si tratta di un prodotto molto particolare a base di pasta fillo, miele, noci o mandorle e pistacchi, aromatizzato con la cannella e profumato con altre spezie a seconda dei gusti. Questo dolce è particolarmente conosciuto per la presenza di molti strati di sfoglia, infatti si narra che questi debbano essere ben trentatré, come gli anni di Cristo.

La ricetta:

- 420 g di pasta fillo
- 250 g di pistacchi
- 150 g di mandorle
- 150 g di noci
- 200 g di zucchero, meglio se bruno di canna
- 2 cucchiai colmi di miele, meglio se di millefiori
- cannella in polvere
- 200 g di burro
- 1 cucchiaio di succo di limone
- 300 ml di acqua


Tritare la frutta secca e mescolarli a un cucchiaino di cannella e 50 g di zucchero. Spennellare il burro fuso su una sfoglia di pasta fillo, precedentemente appoggiata su una teglia coperta di carta forno, e ricoprire con altri due strati di sfoglia, spennellandoli con il burro. Farcire con metà del composto di frutta secca. Ripetere la procedura con altri quattro strati di sfoglia. Versare il resto del composto di frutta secca e ricoprire con altri strati di sfoglia, sempre IMBURRATA.
Infornare per una mezz'oretta a 160/170 gradi e poi alzare la temperatura a 190/200 gradi per un altro quarto d'ora.
Preparate lo sciroppo portando ad ebollizione l'acqua con lo zucchero e il miele e lasciatelo raffreddare. Una volta uscito il dolce dal forno, cospargetelo con lo sciroppo e tagliatelo a rettangolini.



Questa vita è troppo amara per dover rinunciare anche ai dolci, sappiatelo.

sabato 5 dicembre 2015

Se ti muovi lo infrangi

Non muoverti
 
Non muoverti.
Se ti muovi lo infrangi.
È come una gran bolla di cristallo
sottile
stasera il mondo:...

è sempre più gonfia e si leva.
O chi credeva
di noi spiarne il ritmo e il respiro?
Meglio non muoversi.
È un azzurro subacqueo
che ci ravvolge
e in esso
pullulan forme immagini arabeschi.
Qui non c’è luna per noi:
più oltre deve sostare:
ne schiumano i confini del visibile.
Fiori d’ombra
non visti, immaginati,
frutteti imprigionati
fra due mura,
profumi tra le dita dei verzieri!
Oscura notte, crei fantasmi o adagi
tra le tue braccia un mondo?
Non muoverti.
Come un’immensa bolla
tutto si gonfia, si leva.
E tutta questa finta realtà
scoppierà
forse.
Noi forse resteremo.
Noi forse.
Non muoverti.
Se ti muovi lo infrangi.

Piangi?
Eugenio Montale


Primi anni del Novecento






martedì 1 dicembre 2015

Mi accetto.


La moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti. La moda è nel cielo, nella strada, la moda ha a che fare con le idee, il nostro modo di vivere, che cosa sta accadendo.

Coco Chanel


Un conto è dire che indossiamo sempre i jeans perché ci piacciono e un altro è dire che ne facciamo uso perché abbiamo paura di mettere un vestito per l'ansia delle critiche.
Sono una persona insicura e ansiosa, questo lo avrete sicuramente dedotto da alcuni post, inutile prenderci in giro.

Da ragazzina ero quella sfigata, quella timida sempre al proprio posto, quella che parlava poco e con pochi, quella che nessuno "corteggiava", la ragazza "tappezzeria", quella invisibile, l'amica dei maschi e niente più.
Dopo un periodo un po' triste, dopo aver preso il diploma, mi sono guardata allo specchio e ho deciso di cambiare qualcosa, di smetterla di sentirmi invisibile. Io sono una persona, per Dio!
A diciotto anni, con la spensieratezza negli occhi e con la gioia della consapevolezza di una vita avanti a me nel cuore, mi sono accettata.
Mi sono accettata così com'ero, con la mia statura minion, con i miei capelli scuri e ricci indomabili, con il mio fisico minuto e privo di forme, con la prima di reggiseno, con i miei occhi castani. Mi sono accettata per il mio amore per l'arte, la letteratura, la musica rock, la logica, le costruzioni. Mi sono accettata anche con la passione per la moda. Mi sono detta che anche io ho la mia identità e no, non sono invisibile per niente!
No, non mi uniformo con la tappezzeria, non mi mimetizzo, non mi nascondo nemmeno per il caizer!
Così ho cercato il mio stile e ho assecondato i miei gusti, senza vergognarmi di essere femmina. 
Mi sono comprata tante gonne e tanti vestiti, tutti quelli che mi piacevano e che mi stavano bene, che mi facevano sentire a mio agio e che mettevano in risalto il mio fisico androgino.
Ora posso dire di non essere una ragazza "acqua e sapone" e "jeans e scarpe da ginnastica", ma di avere una passione per gli abiti.
Con un bel vestito e un paio di tacchi alti mi sento meglio e, se non posso mettere i tacchi alti, cerco una valida alternativa, sperimento gli abbinamenti.

 
 
L'eleganza deve assecondare le nostre forme, farsi strada tra i nostri gusti, farci sentire femminili e a nostro agio. Sempre.
Non è una grandezza che dipende dai soldi, da quanti millemila euro abbiamo da spendere, ma dipende dai modi.
Un velo di rossetto, una linea di eyeliner, un sorriso sincero, un paio di scarpe con il tacco semplici, un gesto gentile, un abitino che scivola perfettamente sulle curve. Basta poco.
 
Abbiamo il diritto di sentirci femminili ed eleganti e chi ci dice che sarebbe meglio nasconderci, trascurarci, omologarci, anonimizzarci, è pregato di andare a quel paese!
 
 








lunedì 23 novembre 2015

Arrivederci tristezza

Ma vi sono risposte che non avrei la forza di ascoltare e perciò evito di porre le domande.


Simone de Beauvoir, “Una donna spezzata”



Scusa mia cara ragione
passerò per coglione
ma è meglio così
forse in virtù del tuo nome
vuoi avere ragione...
ma stammi a sentire
assiomi e teoremi non valgono a niente
se l'occhio non vede che il cuore non sente più niente
Arrivederci tristezza
oggi mi godo la mia tenerezza
che non durerà
perché non durerà
Scusami ancora mio cuore
se ho fatto l'amore
senza di te
sono più duro di un mulo
che è preso per il culo
ma il culo è più giù
miliardi di stelle ti dicono niente
non dicono forse che il cielo è più grande
più grande di te

sabato 14 novembre 2015

Il conformismo

Qualsiasi atto di violenza è sconcertante, triste e angosciante, e questo non dipende da razza, causa o religione: è ingiustificato. L'unico commento che avrete da me è questo e sono senza parole, come sempre di fronte a qualsiasi tipo di carneficina.

Abbiate la decenza di non sfruttare questo immenso dolore per essere "alla moda". Il conformismo non è glamour e soprattutto il razzismo non è elegante. Abbiate la sobrietà di non ergervi a politicanti da quattro soldi, filosofi, teologi, perché è tutto così complesso e, no, non abbiamo bisogno di populismo ignorante e semplicistico.

venerdì 6 novembre 2015

Dalla/ Dalí

Il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole.
G. Verga

Ragazza alla finestra, Salvador Dalí , 1925


...e poi fu solo in mezzo al blu

mercoledì 4 novembre 2015

Cohen, De André

 
Sappiamo tante cose, che l'aritmetica è falsa, che uno più uno non sempre fa uno ma due o nessuno, che c'è tempo d'avanzo per sfogliare l'album di buchi, di finestre chiuse, di lettere senza voce e senza profumo.

Julio Cortazar, Le facce della medaglia


Sappiamo tante cose e non sappiamo niente.

Ed io ho voglia di conoscere, di imparare, di nuovo, di visitare, di viaggiare, di assaggiare.




ed arrivò un bambino con le mani in tasca
ed un oceano verde dietro alle spalle
disse "vorrei sapere quanto è grande il verde
come è bello il mare quanto è dura una stanza,
è troppo tempo che guardo il sole e mi ha fatto male


De André, Oceano

Quando la musica incontra la poesia.


 

sabato 24 ottobre 2015

Quattro chiacchiere, una poesia di Montale e un po' di musica.

Quando avevo pensato di aprire questo blog, inizialmente, non volevo dirlo a nessuno e tenerlo per me, restando nell'anonimato. Ora come ora, pochissime persone ne conoscono l'esistenza e molto probabilmente, di questi pochissime, solo la mia migliore amica legge di tanto in tanto. Una su cinque.
Questo quasi-anonimato mi permette di essere il più schietta e aperta possibile, proponendovi esattamente quel che mi passa per la testa.
L'idea di ottenere uno spazio mio e solo mio, dove poter condividere con gente sconosciuta il caos che vive quotidianamente nella mia testa, mi frullava già da un po' e qualcuno mi ha soltanto ulteriormente spinta a inseguire quest'idea. Questo qualcuno molto molto molto probabilmente non leggerà questo post.

Ieri sera sono uscita con un mio amico e, dopo aver mangiato un panino e un gelato, abbiamo deciso di farci una camminata, una delle nostre camminate veloci pseudo sportive. Era l'una di notte.
Si stava bene, l'aria era piacevole e il paese era deserto.
Una chiacchiera tira l'altra e ci siamo ritrovati a parlare di scelte e del fatto che si può quel che si vuole veramente. Io, dopo ventidue anni, ho imparato questa lezione: la vita è fatta di scelte.
Sia chiaro, non che tutto quel che vogliamo si trasformi in realtà con niente, però ci sono scelte che dipendono solo ed esclusivamente dal singolo.
Molte ragazze della mia età si sono sposate in questo periodo. Chi con il fidanzato storico e chi con qualcuno che conosce da poco più di un anno.
Non che io abbia qualcosa in contrario al matrimonio, ma ora io non avrei avuto il coraggio di fare quella scelta. Non ce l'avrei fatta.
Bel coraggio, penso.
Mi chiedo se la loro scelta sia frutto o meno di un amore folle, di qualcosa di incredibilmente potente e poetico. E penso che di una cosa sono certa nella vita e questa cosa è che mi sposerò solo se sarò follemente innamorata e sicura, altrimenti niente.

Oggi vi posto questa poesia di Eugenio Montale.

Suonatina di pianoforte
Vieni qui, facciamo una poesia
che non sappia di nulla
e dica tutto lo stesso,
e sia come un rigagnolo di suoni
stentati
che si perde tra le sabbie
e vi muore con un gorgoglio sommesso;
facciamo una suonatina di pianoforte
alla Maurizio Ravel,
una musichetta incoerente
ma senza complicazioni,
che tanto credi proprio
a grattare nel fondo non c’è senso;
facciamo qualcosa di “genere leggero”.

Vieni qui, non c’è nemmeno bisogno
di disturbar la natura
co’i suoi seriosi paesaggi
e le pirotecniche astrali;
ne’ tireremo in ballo
i grandi problemi eterni,
l'immortalità dello Spirito
od altrettanti garbugli;
diremo poche frasi comunali
senza grandi pretese,
da gente ormai classificata,
gente priva di “profondita’;
e se le parole ci mancheranno
noi strapperemo il filo del discorso
per svagarci

in un minuetto approssimativo
che si disciolga in arabeschi d’oro,
si rompa in una gran pioggia di lucciole
e dispaia lasciandoci negli occhi
un pullulare di stelle, un ossessione di luci.

Poi quando la suonatina languirà davvero
la finiremo come vuole la moda
senza perorazioni urlanti ed enfasi;
la finiremo, se ci parrà il caso,
nel momento in cui pare ricominciare
e il pubblico rimane con un palmo di naso.

La spegneremo come un lume, di colpo. Con un soffio.







martedì 20 ottobre 2015

Tutto fugge

Pi Greco

È degno di ammirazione il Pi greco
tre virgola uno quattro uno.
Anche tutte le sue cifre successive sono iniziali, cinque nove due, poiché non finisce mai.
Non si lascia abbracciare sei cinque tre cinque dallo sguardo,
otto nove, dal calcolo, sette nove dall'immaginazione,
e nemmeno tre due tre otto dallo scherzo,
ossia dal paragone quattro sei con qualsiasi cosa due sei quattro tre al mondo.
Il serpente più lungo della terra dopo vari metri si interrompe.
Lo stesso, anche se un po' dopo, fanno i serpenti delle fiabe.
Il corteo di cifre che compongono il Pi greco non si ferma sul bordo della pagina,
È capace di srotolarsi sul tavolo, nell'aria, attraverso il muro, la foglia, il nido, le nuvole,
diritto fino al cielo, per quanto è gonfio e senza fondo il cielo.
Quanto è corta la treccia della cometa, proprio un codino!
Com'è tenue il raggio della stella, che si curva a ogni spazio!
E invece qui due tre quindici trecentodiciannove il mio numero di telefono
il tuo numero di collo l'anno millenovecentosettantatré sesto piano
il numero degli inquilini sessantacinque centesimi la misura dei fianchi due dita
sciarada e cifra in cui vola e canta usignolo mio oppure si prega di mantenere la calma,
e anche la terra e il cielo passeranno,
ma non il Pi greco,
oh no, niente da fare,
esso sta lì con il suo cinque ancora passabile,
un otto niente male, un sette non ultimo,
incitando, ah, incitando
l'indolente eternità a durare.

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-78811>
 
Wislawa Szymborska

Il ritmo di questa poesia è pazzesco. Ta-ta-ta-ta-ta-ta-ta. Questa poesia è meravigliosa ed io la leggo e rimango senza fiato. La capacità di mischiare numeri e parole, un simbolo matematico che è ricco di significato e che regge equazioni e teoremi e formule.
"..incitando l'indolente eternità a durare": io sono incantata.

Pánta rêi.

Non l'avrei mai detto, ma mi sto abituando anche io a vedere le cose mutare. Certo, a volte è una cosa positiva, come quando passano i brutti periodi e non te ne accorgi. Perché, si, passa tutto.
Passano gli esami, a volte più lentamente, ma passano. Passano i raffreddori. Passa il mal di pancia delle mestruazioni. Passa il brufolo sulla guancia. Passa l'estate. Passano le cose brutte. Passano le cose belle. Passano le persone, se ne vanno. Passano le paure. Passano le mode. E a noi non resta altro che un mare di sensazioni. Ma poi, forse, passeranno anche quelle.

Mi sono resa conto che mi sto abituando a veder passare le cose, a vederle cambiare. Mi sono resa conto che mi sono abituata a vedere abituare. Che cosa strana
Il giorno prima di fare quell'esame così pesante avevo l'ansia, di notte non riuscivo a dormire ed io ero abituata a quell'ansia, alla tachicardia e al bruciore di stomaco che passano solo giocando al Mahjong e prendendo la tisana alla Melissa.
Non avrei mai messo in conto di abituarmi alla paura e all'ansia. Mi sono abituata a vedere quel chilogrammo in più, ché sono quarantaquattro e non più quarantatré. Mi sono abituata al dolore dei tacchi alti dopo ore in piedi. ( Per fortuna)
E poi mi trovo a fare i conti e a fare una conoscenza più forte con le parole di quelli che vogliono rimorchiarti così, per passatempo. Li riconosci, sono quelli che ti scrivono le stesse cose, che ti chiedono le stesse cose e non fanno attenzione a nulla.
Mi sono abituata all'indifferenza di alcune persone e alle attenzioni non richieste di altre persone.
Mi sono abituata anche all'idea che tutto passa, ché, come dissi una volta, ha un prezzo, a seconda di quanto sia più o meno fuggevole.
Non avrei mai detto che mi sarei abituata a vedere andare via, scappare, cambiare. Cambiare idea, cambiare opinione, cambiare le parole, cambiare i comportamenti, cambiare i rapporti e vederli andare avanti, retrocedendo.

Non mi sono abituata, però, ad alcuni sorrisi che ti spezzano il fiato. Non mi sono abituata ad alcune situazioni. E per fortuna non mi sono abituata al ritardo dell'autobus, altrimenti oggi l'avrei perso.

Ma, se tutto fugge, dove cazzo va?


sabato 17 ottobre 2015

Pink Floyd/ Magritte




Come si fa a non amarli?

Il Castello dei Pirenei, René Magritte, 1961

giovedì 8 ottobre 2015

Donne e ingegneria

"Agli ingegneri piace risolvere i problemi. Se non ci sono problemi sottomano, gli ingegneri li creeranno. "

Scott Adams

Ecco spiegato tutto! Ecco perché ingegneria è un posto anche per donne.


Catalan: Pantà de Susqueda
 

mercoledì 23 settembre 2015

Itaca e Bob Dylan


Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.


Costantino Kavafis


Mi è stata dedicata questa poesia da una persona che mi vuole bene e che ha ottimi gusti in fatto di letteratura e arte. O meglio, ha gusti molto simili ai miei.
Sinceramente non la conoscevo e devo ammettere che mi è piaciuta sin dal primo istante, e la cosa che mi stupisce di più è che mi trasmette energia molto positiva nella sua semplicità.


Ora, però, mi godo gli ultimi trecento secondi di pausa e vi posto due pezzi bellissimi.

 

domenica 20 settembre 2015

Seneca, Epicuro, febbre, Scienza delle Costruzioni

Ho appena finito di risolvere un esercizio di Scienza delle Costruzioni, progetto della sezione trave incluso nel prezzo. Mi sento strana, spossata, stanca, triste, arrabbiata. Mi tocco la fronte e sono bollente. Il termometro segna 37,7. La solita sfiga del cavolo.
Ecco spiegata l'inappetenza serale, mi dico. Intanto guardo i fogli sparsi sul tavolo, tracce su tracce, svolte e risvolte. Non so più da dove andare a prendere altri esercizi.
Intorno a me c'è il silenzio, dopo una bellissima pioggia che si è rivelata praticamente l'unica voce che ho ascoltato con piacere oggi.
Tra un po' comincio un esercizio nuovo e tutto sommato non è brutto fare esercizi con il rumore della pioggia come sottofondo, è quasi rilassante.
Dovrei fare una pausa per mangiare qualcosa almeno, ma non ci riesco proprio e prendo in mano un libricino: Lettera sulla Felicità di Epicuro.


Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo e alla perfetta serenità dell'animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e dall'ansia.

Infatti proviamo bisogno del piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non soffriamo non ne abbiamo bisogno.
Per questo riteniamo il piacere principio e fine della vita felice, perché lo abbiamo riconosciuto bene primo e a noi congenito..
È bene primario e naturale per noi, per questo non scegliamo ogni piacere. Talvolta conviene tralasciarne alcuni da cui può venirci più male che bene, e giudicare alcune sofferenze preferibili ai piaceri stessi se un piacere più grande possiamo provare dopo averle sopportate a lungo.

Epicuro


E niente. Nonostante la mia quasi totale sfiducia in me stessa e la totale insicurezza che mi tiene compagnia in questi giorni, ho voglia di fare. Tanta.
Ho voglia di studiare e passare questo esame e pure il prossimo. Mi sono persa e ora mi sto ritrovando, ho rimesso a fuoco gli obiettivi.
Ho anche voglia di essere coccolata, ma questo non dipende molto da quanto io possa studiare e forse (molto probabilmente) non verrò nemmeno coccolata, ma questo è proprio un altro fatto!
Concedetemi qualche altro verso, questa volta di Seneca (il mio tutor personale)

Dum differtur vita trascurrit. Omnia, Lucilii, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubricae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult. Et tanta stulstitia  mortalium est ut quae minima et vilissima sunt, certe reperabilia, imputari sibi cum empetravere patiantur, nemo se iudicet quicquam debere qui tempus accepit, cum interim hoc unum est quod ne gratus quidem potest reddere.

(Epistulae ad Lucilium, Liber I)


- Cercate la traduzione, non ve ne pentirete!-

sabato 19 settembre 2015

Lettera aperta agli uomini e un fighissimo pezzo dei The Doors


"Se le donne sono frivole è perché sono intelligenti a oltranza."
Alda Merini



Vorrei rispondere così a quel simpaticone che di frequente su Facebook (e nella vita) si lamenta dell'assenza delle brave ragazze.

Amico, l'altro giorno hai scritto che donne che arrossiscono non esistono più e che il mondo è pieno di ragazzette che sono sempre svestite e ubriache. Che dirti? Non hai mica tutti i torti!
Le persone aride e superficiali, ahinoi, sono sempre esistite, donne e uomini che siano. Checché se ne dica, esistono donne che usano la propria bellezza esteriore e il proprio ascendente sugli uomini per ottenere quel che vogliono e io non mi sento di darti francamente torto, fanno schifo pure a me. (E non perché io non abbia alcun ascendente sul genere maschile)

Quello che vorrei dirti, però, è che magari se quelle ragazze non arrossiscono in tua compagnia e non sono tutte tenere e con gli occhi sognanti (occhi a cuoricino) è perché non hai fatto abbastanza o perché non si è creata una sintonia tale da "addolcirle".
E ti lamenti che siamo acide, isteriche, aride, insopportabili, noiose, logorroiche, poco o troppo sensuali, poco o troppo belle, poco o troppo intelligenti, colte, stupide, stupite, facili, difficili, affabili, sognanti, sognatrici.
Ma tu ti sei mai messo nei nostri panni? No, dico, ci hai mai provato? Che significa, poi, che le ragazze non arrossiscono più?

Una come me, una qualsiasi, si sveglia la mattina e non sta di certo a pensare che non deve arrossire a te, che deve essere cattiva e darla al primo che capita. Diciamo la verità: noi ragazze ci guardiamo allo specchio a prima mattina e ci troviamo cinquanta difetti, ma poi ci passa e ce lo facciamo passare perché dobbiamo affrontare la giornata. E affrontiamo i problemi con o senza minigonna, con o senza trucco, con o senza frivolezza. Talvolta ci sentiamo coraggiose e talvolta abbiamo paura da morire, e questo non varia in base alla lunghezza delle gonne o  quel che si è fatto la sera precedente.
Perché, amico bello, siamo noi stesse sia quando passiamo un sabato sera a guardare Super Quark e sia quando usciamo a bere qualcosa con un'amica.
Con questo non voglio dire che noi quando ci svegliamo non ti pensiamo proprio. Se ci piaci, ti pensiamo e pure tanto. Ci fa piacere quando riceviamo un gesto gentile da parte tua, perché non ci vogliono gesta eroiche degne di un poema, ma fatti piccoli, semplici e concreti (e frequenti, aggiungerei). E noi, come dici tu, diventiamo rosse in viso e ci vengono gli occhi a cuoricino.
Ma questo a prescindere, non ha a che fare con la quantità di coscia scoperta.

E prendici così, che tu ci voglia bene come amico o come amante. Cercaci così come siamo. Accettaci: siamo umane come te. Non ci importa di essere trattate da principesse perfette e di plastica, ma prendici all inclusive. Tutto compreso.

E, se proprio non ce la fai a leggere tutto questo papiro, almeno apprezza questo pezzo dei The Doors.


mercoledì 16 settembre 2015

Ah!



Scusatemi, ma a me piace un sacco! Ed è pure bello lui!

Egon Schiele, Ragazza seduta, 1917


Ah! Ma quindi così deve andare? Ah!

martedì 15 settembre 2015

Sensazioni

Labirinto

– e ora qualche passo
da parete a parete,
su per questi gradini
o giù per quelli,
e poi un po' a sinistra,
se non a destra,
dal muro in fondo al muro
fino alla settima soglia,
da ovunque, verso ovunque
fino al crocevia,
dove convergono,
per poi disperdersi
le tue speranze, errori, dolori,
sforzi, propositi e nuove speranze.
Una via dopo l'altra,
ma senza ritorno.
Accessibile soltanto
ciò che sta davanti a te,
e laggiù, a mo' di conforto,
curva dopo curva,
e stupore su stupore,
e veduta su veduta.
Puoi decidere
dove essere o non essere,
saltare, svoltare
pur di non farsi sfuggire.
Quindi di qui o di qua,
magari per di lì,
per istinto, intuizione,
per ragione, di sbieco,
alla cieca,
per scorciatoie intricate.
Attraverso infilate di file
di corridoi, di portoni,
in fretta, perché nel tempo
hai poco tempo,
da luogo a luogo
fino a molti ancora aperti,
dove c'è buio e incertezza
ma insieme chiarore, incanto
dove c'è gioia, benché il dolore
sia pressoché lì accanto
e altrove, qua e là,
in un altro luogo e ovunque
felicità nell'infelicità
come parentesi dentro parentesi,
e così sia
e d'improvviso un dirupo,
un dirupo, ma un ponticello,
un ponticello, ma traballante,
traballante, ma solo quello,
perché un altro non c'è.
Deve pur esserci un'uscita,
è più che certo.
Ma non tu la cerchi,
è lei che ti cerca,
è lei fin dall’inizio
che ti insegue,
e il labirinto
altro non è
se non la tua,
finché è possibile,
la tua, finché è tua,
fuga, fuga –

Wislawa Szymborska


M. C. Escher, Salendo e scendendo (dettaglio)


Ritratto di donna

Deve essere a scelta.
Cambiare, purché niente cambi.
È facile, impossibile, difficile, ne vale la pena.
Ha gli occhi, se occorre, ora azzurri, ora grigi,
neri, allegri, senza motivo pieni di lacrime.
Dorme con lui come la prima venuta, l'unica al mondo.

Gli darà quattro figli, nessuno, uno.
Ingenua, ma ottima consigliera.
Debole, ma sosterrà.
Non ha la testa sulle spalle, però l'avrà.
Legge Jaspers e le riviste femminili.
Non sa a che serva questa vite, e costruirà un ponte.
Giovane, come al solito giovane, sempre ancora giovane.
Tiene nelle mani un passero con l'ala spezzata,
soldi suoi per un viaggio lungo e lontano,
una mezzaluna, un impacco e un bicchierino di vodka.

Dove è che corre, non sarà stanca?
Ma no, solo un poco, molto, non importa.
O lo ama o si è intestardita.
Nel bene, nel male, e per l'amor del cielo!

Wislawa Szymborska

 
 
Brassai, Jour de Pluie aux  Champs  Elysées , 1931
 

E infine


Si, lo so. Sembra tutto confuso, un gran pot pourri di sensazioni e sentimenti. A dire il vero vorrei gridare un vaffa di cuore.
Trecento secondi di confusione.

martedì 8 settembre 2015

Quanto vale? Quanto costa?

Un sorso di vita

Presi un Sorso di Vita
Vi dirò quanto l'ho pagato
Esattamente un'esistenza
Il prezzo di mercato, dicevano.

Mi pesarono, Granello per Granello
Bilanciarono Fibra con Fibra,
Poi mi porsero il valore del mio Essere
Un singolo Grammo di Cielo!


Emily Dickinson


Non so quanto possa essere utile commentare questa meraviglia di poesia. In otto versi si celano e si rivelano concetti forti.


Ritrovarsi a pensare al valore, a stimare, a dare un prezzo a tutto, a quantificare, valutare, misurare. Ritrovarsi sempre ad esaminarsi. Quanto sono stata o quanto sono. Abbastanza, troppo, troppo poco, un infinitesimo. Il valore di ogni oggetto, delle persone, dei sentimenti, degli stati d'animo.
Eppure ci sono cose che non hanno valore: attimi, sensazioni. Forse un profumo, un sapore, un momento. Quanto costa un momento di felicità?
Alla fine si paga tutto, anche quell'attimo di pace, quei trecento secondi che vorresti moltiplicare.
Io la chiamo "Legge della conservazione della felicità", maledetta me che vedo formule ovunque, che cerco spiegazioni razionali ovunque, anche dove per una volta non devo cercarle.
In fin dei conti è tutto relativo, lo disse anche un professore: qualsiasi valore è relativo, dipende dal sistema di riferimento cui viene comparato l'oggetto.



Salvador Dalì, Cigni che riflettono elefanti, 1937

sabato 5 settembre 2015

Ingannare il silenzio




Del senso di colpa, del senso di panico, del silenzio, ciascuno cerca a modo suo di guarire. Alcuni vanno a fare viaggi. Nell’ansia di veder paesi nuovi, gente diversa, c’è la speranza di lasciare dietro a sé i propri torbidi fantasmi; c’è la segreta speranza di scoprire in qualche punto della terra la persona che potrà parlare con noi. Alcuni s’ubriacano, per dimenticare i propri torbidi fantasm...i e parlare. E ci sono poi tutte le cose che si fanno per non dover parlare: alcuni passano le serate addormentati in una sala di proiezioni, con al fianco la donna alla quale, così, non sono tenuti a dover parlare; alcuni imparano a giocare a bridge; alcuni fanno l’amore, che si può fare anche senza parole. Di solito si dice che queste cose si fanno per ingannare il tempo: in verità si fanno per ingannare il silenzio.

Natalia Ginzburg, Le piccole virtù



G. De Nittis, Nudo con le calze rosse, 1879






giovedì 3 settembre 2015

Chi sono?

 Per me, io sono colei che mi si crede!
- Così è (se vi pare)

Pirandello potrebbe rispondervi così e chi sono io per contraddirlo?


Infatti. Non voglio contraddirlo. Spesso la gente ci appare per quella che crediamo o quella che vogliamo credere e non per quella che in effetti è.
A dirla tutta, spesso nemmeno noi stessi sappiamo chi siamo veramente e credo fermamente che ogni secondo della nostra vita sia un secondo per scoprire un lato nuovo, anche solo piccolo, di noi stessi.
( No, non studio psicologia e sono la persona meno adatta a comprendere la psiche umana, visto che a volte non mi capisco nemmeno io!)

La letteratura, la poesia e l'arte, però, ci spingono ad esprimere sinceramente quello che proviamo o anche solo a provarci.

Vi propongo questa citazione del grande Proust:

Ogni lettore, quando legge, è il lettore di se stesso. L'opera dello scrittore è solo una specie di strumento ottico offerto al lettore per consentirgli di discernere ciò che forse, senza quel libro, non avrebbe potuto intravedere in se stesso.

Ha spiegato questa forte empatia con parole migliori sicuramente di quelle che avrei potuto scrivervi io. O forse semplicemente lui è Proust e io sono una semplice studentessa di qualcosa che non è Lettere.

In questo blog, dunque, troverete qualche poesia, qualche pezzo tratto da libri che ho letto, qualche opera d'arte che mi attrae. Troverete un po' di me, senza per forza trascendere in discorsi su quello che mi capita durante la giornata. Troverete, talvolta, un po' di moda, ma non sarà di certo un fashion blog. Potreste trovare anche un pochino di musica e dovervi sorbire un brano dei Pink Floyd, o Mozart, oppure gli Iron Maiden o quel genio di De André.

Perché trecento secondi? Perché cinque minuti non si negano a nessuno, o quasi.

C. R. W. Nevinson, A studio in Montparnasse, 1926